Reati contro la persona e il patrimonio
Pubblicato il 11/10/2021
Il criterio discretivo tra il delitto di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone” e quello di “estorsione” risiede, in prima battuta, nell’elemento soggettivo, potendosi attribuire all’elemento oggettivo un mero valore indiziante del dolo di estorsione.
Questo è il principio sancito da una recente sentenza del Tribunale di Lecce (dep. 7.9.2021), Giudice per l’udienza preliminare, emessa all’esito di un giudizio celebrato con rito abbreviato, che vedeva coinvolto un soggetto accusato di aver estorto al responsabile di settore di una società, presso cui anche l’imputato prestava la propria attività lavorativa, una somma di denaro assumendo che la stessa gli fosse dovuta in quanto indebitamente sottrattagli sul posto di lavoro.
Nel pronunciare sentenza di condanna
nei confronti dell’imputato, in accoglimento della tesi difensiva sostenuta
dall’avvocato di parte civile Gianluca D’Oria, il Tribunale, in linea con
quanto recentemente statuito dalle SS.UU con sentenza n. 29541/2020, ha ancorato
il discrimen tra i reati di “esercizio arbitrario delle proprie
ragioni mediante violenza alle persone” e di “estorsione” all’elemento
intenzionale, che se nel primo delitto menzionato coincide con la coscienza
e volontà di esercitare un preteso diritto nella ragionevole convinzione, anche
errata, della sua sussistenza, nel diverso e più grave delitto di “estorsione”
corrisponde, invece, alla consapevolezza di coartare la volontà altrui,
mediante violenza e/o minaccia, al fine di conseguire un ingiusto profitto.
In quest’ottica, il Tribunale salentino ha altresì statuito come, ferma restando la validità dell’elemento intenzionale quale criterio discretivo tra le due fattispecie in disamina, alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso posto in essere dall’imputato avrebbe potuto in ogni caso riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione.
Sotto ulteriore profilo, poi, il Tribunale,
posta la provata esistenza di minacce estorsive profferite anche all’indirizzo
del figlio della persona offesa, ha ritenuto di escludere, anche con riguardo al
predetto, la configurabilità astratta della (meno grave) fattispecie di cui all’art.
393 c.p., precisando come debba ritenersi in ogni caso integrato il più grave
delitto di “estorsione” e non quello di “esercizio arbitrario delle
proprie ragioni con violenza alle persone” tutte le volte in cui la
condotta minacciosa e violenta finalizzata al soddisfacimento del preteso
diritto sia diretta nei confronti (non, o non soltanto del debitore, ma
anche) di persone terze perché estranee al rapporto obbligatorio.
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