Reati urbanistici, edilizi e paesaggistici
Pubblicato il 29/08/2024
È il principio espresso
dal Tribunale di Taranto, Sezione monocratica, che, recependo i rilievi
difensivi dell’avv. Gianluca D’Oria, difensore di fiducia del proprietario
dell’immobile nonché committente dell’opera, ha assolto l’imputato “perché il
fatto non sussiste” richiamando il perimetro concettuale della c.d.
"pertinenza urbanistica", all'interno della quale potrebbero ricomprendersi
anche le piscine ove poste a servizio esclusivo di una residenza privata.
Il Tribunale ionico,
richiamando gli orientamenti più recenti della giurisprudenza di legittimità,
ha in proposito rammentato come la nozione di "pertinenza
urbanistica" abbia peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella
civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una
propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia
parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata ad
un'oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed
oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo
valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di
un volume minimo (non superiore, in ogni caso, al 20% di quello dell'edificio
principale) tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche
dell’edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a
servizio dell’immobile cui accede.
Tali principi trovano
applicazione, secondo la giurisprudenza amministrativa, anche per le piscine di
modeste dimensioni che siano asservite ad edifici a destinazione residenziale,
anche indipendentemente dal fatto se l’area nella quale insistono sia un'area a
destinazione agricola o a destinazione residenziale, purché abbiano limitata
rilevanza sul piano urbanistico e non influiscano negativamente sull’assetto
territoriale agricolo.
Nella fattispecie in
esame, l’avv. D’Oria aveva posto in rilievo la necessità di considerare, in
chiave interpretativa, anche l’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale, nel
definire gli interventi edilizi, al comma 1, lettera e), equipara agli “interventi
di nuova costruzione”, per i quali è necessario munirsi di permesso di
costruire, i soli “interventi pertinenziali” che le norme degli strumenti
urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale
paesaggistico delle aree, qualificano come interventi di nuova costruzione
ovvero comportino la realizzazione di un volume superiore del 20% del volume dell'edificio
principale; con la conseguenza che gli altri “interventi pertinenziali” devono
essere ritenuti esclusi dal regime del permesso di costruire di cui al
successivo art. 10 e ricompresi, invece, nel regime della d.i.a. di cui
all'art. 22, per la cui violazione non sono previste sanzioni penali.
Il giudice ha così
ritenuto di pervenire ad una sentenza assolutoria essendo stato provato, nel
corso del processo, come la piscina realizzata dall’imputato possedesse i
requisiti della pertinenza urbanistica come fin qui identificati (e, pertanto, necessitasse al più della previa presentazione di una semplice S.C.I.A. e non di un P.d.C.), posto il
volume della stessa e la circostanza che il manufatto risultasse al servizio
esclusivo dell’abitazione principale.
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